Il nobilissimo danese - John Flamsteed

Emulazione ideale e oroscopi di fondazione sullo sfondo della nascita dei grandi osservatori europei

Parte Seconda

[Vai alla prima parte - Tycho Brahe]

 

Patrizia Nava

Relazione presentata al IX Convegno di Apotelesma, Genova, 15 ottobre 2016.

Linguaggio Astrale 187, estate 2017

 

Abstract: Quale legame unisce astronomi famosi per la precisione delle loro osservazioni, come Tycho Brahe e John Flamsteed? E quale armoniosa visione del cosmo - o quale irrisolto conflitto interiore - portò entrambi ad applicare le tecniche astrologiche proprio nel momento, paradossale per la mente moderna, in cui si accingevano a posare la prima pietra delle loro istituzioni scientifiche? Questo articolo completa uno studio più ampio dedicato al “nobilissimo danese” e alle carte elettive di fondazione degli osservatori europei, la cui prima parte si può leggere qui.

 

Emulazione ideale


La tradizione elettivo/catarchica degli oroscopi di fondazione è molto antica e non finisce con Tycho Brahe. Un secolo dopo la fondazione dell’Osservatorio di Uraniborg, nel 1675, l’astronomo reale britannico John Flamsteed si troverà ad affrontare un’analoga impresa: fondare una specola moderna con lo scopo di raccogliere dati in modo continuativo e sistematico, per creare un atlante stellare in grado di superare in completezza ed esattezza la precisione dei dati osservativi ereditati da Tycho e da Hevelius.


Danzig
La terrazza osservatorio di Johannes Hevelius a Danzig, con il telescopio a pennone.
Da J. Hevelius, Machina coelestis pars prior, Gdansk 1673

 

Johannes Hevelius, uno dei maggiori esponenti dell’astronomia osservativa del secolo XVII, subiva fortemente il fascino della personalità scientifica del suo illustre predecessore. L’osservatorio che costruì nel 1641 sulla terrazza sovrastante la sua abitazione nella città di Danzica fu chiamato Sternenburg (sul modello della Stjerneborg ticonica) e gli strumenti da lui costruiti ed utilizzati – con l’aiuto della giovane moglie, Elzbieta Koopman, che contribuì validamente alle osservazioni e alla pubblicazione dei dati raccolti – erano un tributo alla memoria di Tycho. Come quest’ultimo aveva descritto e illustrato osservatorio e invenzioni in Astronomiae Instauratae Mechanica, così Hevelius fece con i propri strumenti in Machina coelestis nel 1673. Ma sebbene sia probabile, o almeno possibile, che lo stesso Hevelius abbia inaugurato il suo osservatorio privato basandosi su una carta elettiva, non abbiamo testimonianze certe a favore di questa ipotesi.
Tuttavia, quando il re d’Inghilterra Charles II decise che era venuto il momento di sfidare la supremazia francese in campo astronomico – lo splendido e modernamente attrezzato Osservatorio di Parigi, diretto da Cassini, era già pienamente operativo [1] e minacciava di scoprire in anteprima un metodo affidabile per misurare la longitudine in mare – Flamsteed fece ricorso all’astrologia per stabilire il momento propizio per posare la prima pietra di quello che sarebbe diventato l’Osservatorio Reale di Greenwich.

 

RGO
L’osservatorio reale di Greenwich intorno al 1696, dipinto di scuola inglese,
Royal Maritime Museum

«The Noble Dane»


L’atteggiamento di Flamsteed nei confronti dell’arte astrologica e dei suoi maestri sembra essere stato tutt’altro che coerente. Niente a che vedere con l’intima convinzione e l’armoniosa concezione di Tycho. Sappiamo per certo che teneva cordiali rapporti con molti astrologi, in patria e all’estero. Sappiamo anche che la sua formazione si era svolta in contesti astrologici e che non era del tutto ostile alla pratica dell’arte. Nel 1665, ad esempio, scrisse di essere stato parecchio impegnato, negli ultimi tempi, con la stesura delle natività di molti amici e conoscenti, e di volerne conservare una copia corretta. Nell’estate del 1666 dichiarò di aver dedicato qualche tempo agli studi astrologici, anche se gli aspetti astronomici e di calcolo erano quelli che lo assorbivano di più, soprattutto la verifica e il confronto, sulla genitura di persone famose, delle direzioni primarie secondo le misure di Keplero o di Naibod, arrivando alla conclusione che la tecnica permetteva di fare congetture fortemente probabili, più che previsioni certe.[2] Come astronomo reale del re Charles II fu incaricato di calcolare l’oroscopo di fondazione del Royal Naval Hospital di Greenwich, la cui pietra fu posata da Christopher Wren e John Evelyn alle cinque del pomeriggio del 30 giugno 1696, mentre Flamsteed misurava il tempo esatto con i suoi strumenti. [3] D’altro canto, la pratica degli oroscopi di fondazione, soprattutto per edifici pubblici e cattedrali, era consuetudine diffusa nella ricostruzione della città di Londra che avvenne dopo il Grande Incendio del 1666.[4] Anche William Lilly vi prese parte, redigendo il tema inaugurale del Royal Exchange (23 ottobre 1667) su richiesta di Elias Ashmole.

 

Royal Naval Hospital Greenwich
Il Royal Naval Hospital di Greenwich


Negli anni ’80 e ’90 Flamsteed collaborò con John Wing e George Parker alla stesura dei loro almanacchi astrologici. Anche il suo interesse per le previsioni meteorologiche era fortemente colorato di simbolismo astrologico: ammirava soprattutto il lavoro di John Goad e il suo trattato Astro-meteorologia del 1686.[5] E tuttavia non mancano testimonianze di un suo scetticismo di fondo. In una lettera a John Collins del 1672, commenta:


Sono lieto di sapere che l’Astronomia può annoverare tali estimatori tra di noi. E posso solo auspicare che il lavoro degli studiosi d’ingegno riceva ben altri incoraggiamenti oltre a quelli concessi da ottusi librai, che danno valore solo alle vendibili ma stupefacenti follie di un Lilly, di un Gadbury, &c. più che agli sforzi ingegnosi di altri, le cui fatiche non apprezzano, perché non le comprendono.[6]


L’affermazione, di per sé, non basterebbe a decretare un atteggiamento di rifiuto filosofico radicale: si tratta piuttosto di una lamentela risentita nei confronti del maggior successo editoriale ed economico di astrologi allora famosi, come William Lilly e John Gadbury, sicuramente più popolari di chi dedicava i propri sforzi all’arida raccolta dati, come l’astronomo reale. Se non fosse per la compilazione di un volumetto di effemeridi (Hecker, His Large Ephemeris for the Yeare 1674) che contiene una prefazione manoscritta fortemente critica e censoria, intitolata A preface to the Readers Concerneing the Vanity of Astrology, & the Practices of Astrologers. Ma Flamsteed aveva ragione, tutto sommato: le sue effemeridi polemiche non trovarono mai un editore.[7]
Forse, il miglior sunto della sua posizione sta, di nuovo, nelle sue stesse parole. In una lettera a Richard Towneley del 4 luglio 1678, Flamsteed scrive:


Voi sapete bene che io non ho fiducia nell’Astrologia. E tuttavia non oso negare del tutto gli influssi delle stelle, perché sono troppo intensamente impressi.[8]


Senza alcun dubbio, l’astronomo reale inglese ambiva ad emulare il suo modello ideale, Tycho Brahe, che soleva chiamare “il nobile danese”. Come lui, dedicava tutto il suo tempo alle misurazioni astronomiche, a sviluppare ed equipaggiare il suo osservatorio, ad assicurarsi il patronato del re. Come Tycho era stato “matematico imperiale” a Praga, così Flamsteed, nonostante il titolo ufficiale di “Astronomical Observator”, pretendeva di farsi chiamare “Mathematicus Regius”. Arrivò ad identificarsi con Tycho persino nelle tribolazioni. Quando Edmund Halley lo forzò a pubblicare i dati delle sue osservazioni prima della dovuta verifica, affermò di essere stato trattato «peggio di come il nobile Tycho fu trattato in Danimarca», riferendosi ad Halley col nome di “Raymer”, allusione evidente a Nicolai Reymers Ursus, uno dei più agguerriti detrattori di Tycho.[9] E come Brahe aveva accuratamente scelto la data astrologicamente propizia per la fondazione dell’osservatorio di Uraniborg, così volle fare Flamsteed per Greenwich. Senza dimenticare, però, di dare soddisfazione ad entrambe le anime che in lui albergavano – tipica figura di scienziato del XVII secolo – con un’annotazione ambigua, irriverente, addirittura irrisoria, che campeggia nel bel mezzo del suo più famoso oroscopo: «Risum teneatis amici?» [10]


L’Osservatorio Reale di Greenwich


Ottenuta la lettera di conferimento dell’incarico da parte del re, due influenti membri della Royal Society, l’architetto e astronomo Christopher Wren e il fisico Robert Hooke iniziarono a stendere i progetti per la costruzione dell’edificio che doveva sorgere a Greenwich Park, sulla collina più alta. Il luogo offriva diversi vantaggi, come un facile accesso in barca dal Tamigi e una buona visibilità celeste, fuori dai fumi del centro cittadino. La zona era ancora relativamente soggetta a foschie e al rischio di malaria per la vicinanza del fiume – cosa di cui Flamsteed ebbe modo di lamentarsi spesso, vista la sua salute cagionevole – ma era comunque una buona soluzione, in mancanza di un sito ottimale vicino a Londra. Wren progettò una struttura elegante che doveva sorgere sulle restanti fondamenta del Castello di Greenwich (la residenza di caccia dove era nata Elisabetta I). Una larga stanza ottagonale era destinata alle osservazioni.

 
Camera Stellata
La Camera Stellata dedicata alle osservazioni nell’Osservatorio Reale di Greenwich
(Francis Place 1676, National Maritime Museum)

 

Se il luogo era stato scelto da Wren con l’avvallo del re, il momento della posa della prima pietra fu scelto dall’astrologo, e con perizia, esattamente alle 15h e 14m del 10 agosto 1675 J.C. Il grafico con domificazione Razionale, che figura tra le carte di Flamsteed conservate all’Università di Cambridge, lo dimostra. La versione moderna è riportata di seguito.

 

Risum Teneatis Amici
Cambridge, University Library: Archives of the Royal Greenwich Observatory,
Flamsteed Papers, 1/18, fol. 3r

RGO Chart

 

 

Analisi dettagliate della carta elettiva dell’osservatorio di Greenwich sono state tentate, con obiettivi diversi, da accademici e astrologi, questi ultimi con lo scopo dichiarato di dimostrare un’adesione totale e convinta di Flamsteed all’astrologia.[11] Purtroppo i documenti storici non consentono tale conclusione.
Giustamente Günther Oestmann (2002) nota come il rispetto delle condizioni favorevoli consigliate da William Ramesey nel suo trattato di astrologia elettiva sia pressoché completo.[12] Ascendente e signore dell’ascendente forti, fortunati e in risalto. La Luna è libera dall’influsso del Nodo Sud e dei malefici (l’aspetto con Saturno è già separativo e quello con Marte impossibile per contiguità di segno) anche se, per la verità, si sta applicando al Sole, perdendo luce e forza. La quarta casa e l’ascendente non sono afflitti dalla presenza di Saturno, che impedirebbe il lavoro o causerebbe ritardi. Inoltre Marte, che governa la quarta casa e rappresenta l’edificio in costruzione, si trova in nona, luogo delle istituzioni di alta cultura, del sapere e della scienza, nonché della fede e della religione – Flamsteed era un sacerdote. Ma ciò che colpisce di più, in questo contesto, sono le analogie con l’elezione di Uraniborg, in particolare il ruolo fondamentale del Sole e di Giove, della Parte di Fortuna e delle stelle fisse. Conoscendo l’ossessione di Flamsteed per il “nobilissimo danese”, riesce difficile escludere che l’astronomo reale inglese abbia cercato di emulare, nel modo più completo possibile, le scelte del suo idolo.


Come al momento della fondazione di Uraniborg, il benefico Giove sorge all’orizzonte Est. Anche in questo caso il governatore dell’ascendente, che rappresenta l’impresa e il suo iniziatore, è in grande dignità essenziale, nel proprio segno (Giove in Sagittario). Il Sole è anche qui in Leone, nel proprio domicilio. Di nuovo il governatore della 9a casa è in esaltazione: si tratta di Mercurio, significatore naturale e accidentale degli studi e dell’astronomia, sempre retrogrado ma in trono nel segno della Vergine. Anche nella carta di Flamsteed, come in quella di Tycho, la “regina delle elezioni”, la Luna, non è particolarmente forte: nel primo caso è sotto i raggi del Sole, vicina alla sua fase più oscura, nel secondo tramontata in 6a, casa debilitante. La sua posizione, tuttavia, permette di ottenere una Parte di Fortuna enfatizzata, strettamente congiunta al significatore principale (come lo era con il luminare notturno nell’elezione di Tycho). Il Sole e Giove, fonti di umore caldo, la fanno da padroni e dominano la scena.

 

Uraniborg/RGO


Un capitolo a parte, importantissimo, è quello delle stelle fisse. Come nel tema di Uraniborg, Regolo, la stella dei re, potente, assertiva e apportatrice di successo, si trova insieme al Sole. Ma c’è di più: Spica, Alpha Virginis, la benevola e colta stella che simula la spiga tra le mani della Vergine celeste, culmina esattamente al Medio Cielo nel momento prescelto. Stella soccorritrice, della natura di Venere e Mercurio, Spica dona «successo, fama, ricchezza, amore delle arti e della scienza […] illimitata buona fortuna, felicità, promozioni ecclesiastiche, onori inaspettati e avanzamenti» controbilanciati da scarsa fertilità o fortuna nelle relazioni.[13]


[Spica] rende i nativi noti, famosi e ricchi di risorse, ma anche assai eruditi, amanti delle dissertazioni filosofiche, eloquenti, creativi, perspicaci, ingegnosi, amanti della musica e delle arti. [14]


Come si conviene al frutto di una sacerdotessa vergine, la fortuna di Alpha Virginis non sta nella numerosa prole o in un ricco matrimonio, ma nello studio solitario, nella fama acquisita per meriti scientifici, nell’amore per la conoscenza. In questo sta il vero successo donato da Spica. Una scelta quanto mai adatta ad una istituzione dedicata alla ricerca e al sapere.

 

Spica Virginis
La costellazione della Vergine con la stella Alfa Virginis – Spica
tratta da: John Flamsteed, Atlas Coelestis, 1753 (atlascoelestis.com di Felice Stoppa)


Se l’ambizione di Flamsteed era di divenire un nuovo Tycho, allora scelse gli astri opportuni. L’ascendente della carta elettiva e la formidabile congiunzione Giove/Parte di Fortuna del tema dell’osservatorio incorniciano e stimolano appropriatamente, forse volutamente, la cuspide della 9a casa nella genitura dell’astronomo. I cataloghi stellari che produsse osservando il cielo da Greenwich, utilizzando telescopio e orologio a pendolo, rappresentarono uno straordinario passo avanti rispetto ai precedenti per completezza e precisione, dando inizio ad una fase nuova dell’astronomia moderna.[15] Per la prima volta 3300 stelle, il doppio di quelle di Hevelius, furono catalogate con l’indicazione delle coordinate equatoriali (declinazione e ascensione retta), che soppiantarono ben presto longitudine e latitudine eclittiche.[16]
Sicuramente Flamsteed soffrì nel non essere venerato al pari del suo modello ideale. Nonostante il suo epocale contributo alla scienza astronomica, la sua fama, in vita, non raggiunse mai quella di Tycho, forse perché non volle occuparsi di cosmologia né di questioni filosofiche inerenti la struttura dell’universo. I crateri lunari Tycho e Flamsteed, dedicati ai due astronomi, raccontano visivamente il suo dramma: grandioso e raggiato il primo, relativamente minuscolo il secondo, in una zona indifferente, privo di risalto.[17]


Patrizia Nava

15 ottobre 2016

Note

[1] Il 21 giugno 1667, giorno del solstizio d’estate, i matematici dell’Académie Royale des Sciences (fondata da poco, il 22 dicembre del 1666), si riunirono per definire, lungo quello che sarebbe diventato il meridiano di Parigi, l’orientamento astronomico dell’edificio progettato dall’architetto Claude Perrault. Segretario dell’Académie era a quel tempo il grande astronomo olandese Christiaan Huygens, che non potè seguire lo sviluppo dell’osservatorio a causa dello scoppio della guerra tra la Francia e i Paesi Bassi. Al suo posto venne chiamato l’astronomo italiano Gian Domenico Cassini, docente a Bologna, quale direttore dell’Observatoire Royal.

[2] Sulle cordiali frequentazioni di Flamsteed con astrologi e astrologia, vedi John Flamsteed, An Account of the Reverend John Flamsteed, The First Astronomer-Royal, ed. Francis Baily, London 1835, p.11; Michael Hunter, Science and Technology in Seventeenth-Century England: An Unpublished Polemic by John Flamsteed, in Patrick Curry, ed., Astrology, Science and Society. Historical Essays, The Boydell Press, Woodbridge 1987, pp. 261-300; Robert Collis,The Petrine Instauration: Religion, Esotericism and Science at the Court of Peter the Great, 1689-1725, BRILL 2011, pp. 64-68.
[3] John Evelyn, Diary, V, p.249 (ed. E.S. da Beer).
[4] Cfr. Nigel Pennick, Sacred Architecture of London, Karnac Books 2012, p.40 e ss.
[5] A proposito di John Goad, si veda Patrick Curry, Prophecy and Power: Astrology in Early Modern England, Cambridge, Polity Press, 1989, pp. 67-72.
[6] Lettera di John Flamsteed a John Collins del 1 gennaio 1672, cit. in Günther Oestmann, John Flamsteeds Horoskop für die Grundsteinlegung der Sternwarte Greenwich, «Sudhoffs Archiv für Geschichte der Medizin und der Naturwissenschaften», 86, 2002, pp.129-137.
[7] Il volumetto di Effemeridi mai pubblicato è esaminato e discusso da Michael Hunter, op.cit., 1987.
[8] John Flamsteed, Correspondence, vol. I, p. 640: «You know I put no Confidence in Astrology. Yet dare I not wholly deny the influences of the stars since they are too sensibly imprest on.» Riportato in: Collis, cit., pp. 65-66.

[9] Interessante, a questo proposito, la mostra “The Noble Dane: Images of Tycho Brahe”, Museum of the History of Science, Oxford, https://www.mhs.ox.ac.uk/tycho/index.htm.
[10] Da Orazio (Ars poetica, 5): «… sapreste, amici miei, trattenere il riso?»

[11] Si sono occupati di questa carta Günther Oestmann, cit., pp.129-137 e Michael Edwards, Risum Teneatis Amici? On Flamsteed’s Horoscope for the Founding of the Royal Greenwich Observatory, The Astrological Journal, Jan/Feb 2006; trad. Angela Castello, Sull’oroscopo di Flamsteed per la fondazione dell’osservatorio reale di Greenwich, «Linguaggio Astrale» 141, 2005, pp. 60-72. L’analisi di Edwards, molto dettagliata, pone in relazione la carta elettiva con altri temi, quali l’ingresso precedente del Sole in Ariete, le congiunzioni Giove/Saturno, la genitura dello stesso Flamsteed e quella del re Charles II. Occorre qualche cautela, tuttavia, nell’accettare le sue conclusioni, poiché alcuni dei dati su cui si basano sono inesatti o non accertati storicamente. In particolare, l’ora di nascita di Charles II è incerta (le biografie testimoniano orari variabili dalle 11.25 alle 13.00), mentre quella di John Flamsteed, che Edwards ipotizza per le 7.22 del mattino sulla base della posizione congetturale di Mercurio in gioia in prima casa, non corrisponde a quanto dichiarato dallo stesso Flamsteed nella sua autobiografia: «I was born at Denby, in Derbyshire, in the year 1646, on the 19th day of August, at 7h 16m after noon.» (John Flamsteed, An Account… cit., p. 7). Nascita notturna, quindi, non diurna.

[12] William Ramesey, Astrologia Restaurata, or Astrology Restored: Being an Introduction to the General and Chief Part of the Language of the Stars in Four Books, London, Robert White, 1653. Il terzo libro, An Introduction to Elections, è dedicato all’astrologia elettiva.

[13] Vivian Robson, The Fixed Stars & Constellations in Astrology, Astrology Classics, Abingdon 2005 (1923), p. 211.
[14] Anon. del 379 (CCAG v/1 pp.194-211) in Giuseppe Bezza, Arcana Mundi, Rizzoli, Milano 1995, p.458.

[15] I margini medi d’errore nelle osservazioni di Tycho sono nell’ordine di 1’40”, quelli di Hevelius (misurazioni effettuate senza telescopio) 50”, quelli di Flamsteed tra i 40” e i 10” d’arco.
[16] Cfr. il sito http://www.atlascoelestis.com/9.htm di Felice Stoppa.
[17] Il cratere Flamsteed (Lat. 4°30’ S – Long. 44°18’ W) ha diametro 19,3 km. Il cratere Tycho (Lat 43°24’ S – Long. 11°06’ W) ha diametro 86,2 km., esclusa la struttura radiata, uno dei pochi dettagli lunari visibili dalla Terra ad occhio nudo.

 

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